mercoledì 17 marzo 2010
Chakravartin
Avete notato come ci sia la tendenza nella nostra società a voler emergere, apparire, esibirsi, essere in qualche modo speciale?
E questo accade in ogni categoria e ad ogni livello: l’operaio o l’impiegato tentano il Grande Fratello o Affari tuoi, il medico vuole diventare a tutti i costi un Barnard, l’avvocato vuol diventare Capo del Governo, l’imprenditore vuole dare la scalata al mercato globale e diventare monopolista nel suo ramo d’attività.
Nessuno è veramente contento di se stesso, vuole sempre essere o avere qualcosa di più, qualcosa di meglio, qualcosa che lo distingua dagli altri.
Mi si può obiettare che è sacrosantamente giusto cercare di migliorarsi. Sono assolutamente d’accordo. Ma in questo caso, non si tratta di migliorarsi, ma di continuare a correre dietro al proprio ego impazzito, allontanandosi infinitamente da se stessi: non è un miglioramento, è un peggioramento.
Inoltre, in un mondo in cui tutti si sforzano disperatamente di differenziarsi e di essere speciali, la conseguenza inevitabile è la massificazione: la trasgressione di massa, l’esibizione di massa, masse di persone “speciali” che guarda caso raccontano tutte di sé la stessa storia – fotocopia.
Così, sull’onda di questa riflessione, mi vengono in mente due persone davvero speciali, due maestri spirituali vissuti in epoche molto lontane tra loro. Quello più vicino a noi, un giorno degli anni ’70, ha raccontato ai suoi discepoli una storia tramandata sul più antico.
Eccola:
“[Buddha] era seduto sotto un albero quando un astrologo gli si avvicinò – era molto perplesso, perché aveva visto le orme lasciate dal Buddha sulla sabbia bagnata e non era riuscito a credere ai suoi occhi. Tutti i testi che aveva studiato nell’arco della sua vita gli avevano parlato di particolari segni, presenti sui piedi dell’uomo che governa il mondo – un chakravartin – il signore dei sei continenti, il sovrano di tutta la Terra. Aveva visto quelle impronte sulla sabbia bagnata, lungo la sponda del fiume, e tutti quei simboli erano evidenti al punto che era rimasto allibito. O tutte le scritture da lui studiate erano sbagliate e lui aveva sprecato tutta la sua vita nello studio dell’astrologia … infatti, come era possibile che in un pomeriggio così afoso, in un villaggio così misero e sporco, si trovasse un chakravartin, che in più camminava a piedi nudi, sulla sabbia ardente?
Seguì quelle orme, per cercare l’uomo che le aveva lasciate. Trovò Buddha seduto sotto un albero, e divenne ancor più perplesso. Il volto era di un chakravartin – la grazia, la bellezza, il potere, l’aura – ma l’uomo era un mendicante, e aveva con sé la ciotola delle elemosine!
L’astrologo toccò i piedi a Buddha e gli chiese: ‘Chi sei, o signore? Mi hai lasciato perplesso. Dovresti essere un chakravartin, il sovrano del mondo. Cosa fai qui, seduto sotto un albero? O tutti i miei libri di astrologia sono sbagliati, oppure io ho delle allucinazioni e tu non sei veramente presente’.
Buddha disse: ‘I tuoi testi sono esatti, ma esiste qualcosa che non appartiene ad alcuna categoria, neppure alla categoria dei chakravartin. Io sono, ma non sono nessuno in particolare’.
L’astrologo disse: ‘Mi lasci ancor più perplesso. Come puoi essere senza essere nessuno in particolare? Devi essere un dio che è venuto a visitare la Terra – lo posso vedere nei tuoi occhi!’.
Buddha disse: ‘Non sono un dio’.
L’astrologo disse: ‘Allora devi essere un gandharva, un musico celeste’.
Buddha disse: ‘No, non sono nemmeno un gandharva’.
L’astrologo chiese ancora: ‘Allora sei un re sotto mentite spoglie? Chi sei? Non puoi essere un animale, non puoi essere un albero, non puoi essere una roccia – chi sei con esattezza?’.
E la risposta che Buddha diede è incredibilmente importante, e va compresa. Disse: ‘Sono solo un Buddha – sono semplice consapevolezza, null’altro che questo. Non appartengo ad alcuna categoria. Ogni categoria è una identificazione e io non ho alcuna identità’”. (Tratto dal libro: Osho, La mente che mente – Commenti al Dhammapada di Gautama il Buddha, Universale Economica Feltrinelli, 2006, pp. 225 – 226).
Vogliamo essere speciali, semplicemente perché non siamo, quando per cambiare il mondo basterebbe essere, semplicemente.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento